Sul mantenimento del figlio maggiorenne
Commento dell’Avv. Angela Natati
alla Sentenza Cassazione civile, sez. VI-1, sentenza 10 giugno 2020, n. 11186
Con tale sentenza la Suprema Corte si è espressa in merito ad una questione molto dibattuta nelle cause riguardanti separazione e divorzio, ossia il mantenimento del figlio maggiorenne.
Da un’attenta lettura si può inoltre scorgere una sorta di monito dinnanzi alle pronunce che in tali contesti affidandosi alla produzione interna della causa poco considerano i riflessi sulla realtà conseguenziale di essa (“la Corte di appello ha ravvisato i presupposti per il permanere del diritto del figlio maggiorenne all’assegno di mantenimento, sulla scorta di un accertamento frettoloso e superficiale di quanto desumibile dalla documentazione versata in atti”).
La Corte elenca gli elementi che a suo parere debbono essere oggetto di analisi ai fini dell’assegnazione e modifica dell’assegno di mantenimento. Essi sarebbero legati specificatamente all’età del beneficiario ed alle circostanze che inevitabilmente consentono la permanenza di tale mantenimento. Ebbene, la maggiore età del figlio non è essa stessa motivo esimente dell’onere genitoriale, in quanto persiste il dovere normativamente individuato al mantenimento nei confronti dei figli. Tale dovere sussiste anche in presenza della maggiore età purché le condizioni economiche nelle quali il maggiorenne vive siano tali da non consentirgli un’autosufficienza. Il cuore del ragionamento risiede proprio nella natura e carattere di detta autosufficienza e quanto sia oggettivamente rilevabile. Nel caso in oggetto il figlio, nei cui riguardi la Corte si esprime dissentendo sul mantenimento goduto, appare impegnato sia sotto il profilo accademico, frequentando l’università, che professionale, svolgendo lavoro part-time a tempo indeterminato. Ciò non pare in contrasto con le previsioni dell’art. 315 bis c.c. in merito ai doveri dei genitori nel rispettare le inclinazioni del figlio e le sue aspirazioni nei limiti delle capacità economiche familiari, e neppure con il dovere del figlio a contribuire con le proprie capacità al mantenimento della famiglia per tutta la durata della convivenza.
Ad avviso della Corte la permanenza del mantenimento deve essere affidata ad un’attenta analisi di criteri, che la stessa Corte definisce rigorosi, e nella relativa proporzionalità che non può restare orfana di un sotteso ragionamento legato a limiti di tempo e misure.
A conclusione, la Corte dinnanzi alle attività svolte dal maggiorenne beneficiario di un assegno di mantenimento ha ravvisato l’assenza di giustificazioni di quest’ultimo, considerando il maggiorenne pienamente in grado di provvedere a sé stesso.