Il riconoscimento di paternità
La funzione della dichiarazione giudiziale di paternità (o maternità) è quella di garantire al soggetto che sia nato fuori dal matrimonio il diritto a conseguire la qualifica di figlio, con ogni conseguenza affettiva patrimoniale ed ereditaria. A tale fine viene attribuita al figlio un’azione nei confronti del preteso genitore che sia diretta ad ottenere un provvedimento giudiziale che produca gli effetti giuridici del riconoscimento.
Dove deve essere presentata la domanda per ottenere la dichiarazione di paternità/maternita?
Competente per materia a ricevere la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità è il tribunale del luogo di residenza del genitore chiamato in giudizio. La causa si introduce con atto di citazione avanti al Tribunale ordinario (non è dunque competente il Tribunale per i minorenni)
Chi sono i soggetti legittimati a presentare la domanda?
Legittimati attivi ad agire in giudizio sono:
1. Il presunto figlio, finchè in vita
2. I suoi discendenti (ma solo dopo la sua morte)
3. L’altro genitore se il figlio è minorenne
4. Il tutore (se nominato)
L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio mentre per i discendenti la prescrizione è di due anni dalla morte del figlio medesimo. L’azione di riconoscimento può essere portata avanti nell’interesse del minore o dell’interdetto dal genitore che lo ha riconosciuto o dal tutore. Detta previsione è contenuta nell’art. 273 del codice civile.
Oggetto dell’accertamento
Il procedimento mira ad accertare il dato biologico della procreazione, mentre non assume alcun rilievo la volontà o meno di procreare da parte del genitore biologico non riconosciuto.
La ricerca della paternità può essere data con ogni mezzo. Attualmente il più utilizzato è l’esame del DNA che è in grado di accertare la compatibilità genetica di due profili cromosomici con una probabilità del 99,9%.
Il preteso genitore resta libero di sottoporsi all’esame e dunque può rifiutare i necessari prelievi ematici diretti all’accertamento della paternità. Dal suo rifiuto, però, il giudice può trarre argomenti di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
La parte che si rifiuta di effettuare i necessari esami, dunque, può essere considerata genitore per presunzione e dunque risultare perdente nel giudizio.
Elementi di prova atti ad accertare la paternità:
1. Esame DNA
2. Dichiarazioni testimoniali
3. Fotografie
4. Prova della convivenza
La prova della paternità può essere data con ogni mezzo, l’elenco sopra riportato, dunque è da intendersi come puramente indicativo e non esaustivo
Gli effetti della sentenza.
L’art. 277 del codice civile stabilisce che la sentenza che dichiara la paternità è costitutiva del diritto, dunque è equiparata negli effetti al riconoscimento. Il figlio riconosciuto giudizialmente, dunque, avrà nei confronti del genitore tutti i diritti ed i doveri che la legge prevede per ogni altro figlio.
Gli oneri di mantenimento
La normativa prevede che, con la sentenza che avverta la genitorialità il giudice può contestualmente emanare ogni provvedimento utile in merito all’affidamento ed al mantenimento della prole riconosciuta. Ciò significa che la sentenza potrà contenere anche una pronuncia sull’affidamento condiviso o esclusivo della prole, oltre a provvedimenti di natura economica come la quantificazione dell’assegno di mantenimento.
In ogni caso la responsabilità genitoriale sorge in capo al genitore (dichiarato tale) dal momento della sentenza, a prescindere da altre eventuali decisioni del tribunale adito.
Avv. Stefano Cera,Consigliere Nazionale APS