Assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne: quali requisiti per la revoca?

APS/ ottobre 20, 2021/ Angolo dell'Avvocato, Da sapere/ 0 comments

Tra le tematiche più ricorrenti nell’ambito della crisi familiari riveste un ruolo primario il criterio per determinare l’indipendenza economica del figlio maggiorenne al fine della revoca dell’assegno di mantenimento.

La Suprema Corte di Cassazione ha di molto rivisto i parametri per la concessione di un contributo al mantenimento, dando maggior valore all’autonomia dei figli ed incentivandone il raggiungimento dell’indipendenza.

Con riferimento al figlio che prolunga oltremodo il percorso di studi, recenti sentenze richiamano ripetutamente il principio di autoresponsabilità dei figli richiedendo una stretta connessione tra il diritto – dovere all’istruzione e all’educazione e diritto al mantenimento. In particolare si afferma che  il diritto al mantenimento dei figli perdura fino a quando gli stessi versino in una condizione di non autosufficienza incolpevole. Il diritto al mantenimento deve dunque trovare un limite sulla base di un termine, desunto dalla durata ufficiale degli studi e dal tempo mediamente occorrente a un giovane laureato, in una data realtà economica, affinché possa trovare un impiego; salvo che il figlio non provi non solo che non sia stato possibile procurarsi il lavoro ambito per causa a lui non imputabile, ma che neppure un altro lavoro fosse conseguibile, tale da assicurargli l’auto-mantenimento.

Il tema in oggetto assume particolare rilevanza rispetto all’aumento esponenziale in Italia del fenomeno dei NEET ovvero le persone di giovane età che non cercano un impiego e non frequentano un corso di formazione o aggiornamento professionale. Tale fenomeno nel nostro Paese  ha assunto dimensioni preoccupanti contando 3,047 milioni a fine 2020,  tra i 15 e i 34 anni secondo l’aggiornamento Istat del 18 luglio 2021, di cui 980mila fra i 30 e 34 anni.

Il persistere dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne legato al fatto che egli non abbia un preciso progetto lavorativo  o un progetto formativo effettivo  connoterebbe l’assegno di mantenimento di una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, in violazione del principio di autoresponsabilità stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione che ha espresso un ‘no’ chiaro e netto ad ogni automatismo e ad un sistema controproducente di assistenzialismo.

L’obbligo al mantenimento, secondo i più recenti principi giurisprudenziali,   va garantito al figlio maggiorenne se questo  dimostri di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.

La valutazione delle circostanze che giustificano la cessazione di tale obbligo va effettuata dal giudice del merito caso per caso e deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonchè, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto .

La giurisprudenza precisa inoltre che l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente l’assegno: raggiunta la maggiore età, invero, si presume l’idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore. Spetta quindi al soggetto che richiede il mantenimento provare (anche attraverso presunzioni) non soltanto la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso -ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Non è dunque il soggetto passivo del rapporto onerato della prova della raggiunta effettiva e stabile indipendenza economica del figlio, o della circostanza che questi abbia conseguito un lavoro adeguato alle aspirazioni soggettive.

In conclusione, si osserva come occorre dare al giovane l’opportunità di godere di un lasso di tempo per inserirsi nel lavoro,  occorre consentirgli, allora, di completare gli studi prescelti e, completati questi, dargli ancora un lasso di tempo per trovare un lavoro.
A quel punto, però, il figlio non potrà pretendere di essere mantenuto fino a quando non avrà trovato il lavoro desiderato; dovrà darsi da fare per trovare un lavoro.

Avv. Linda Zullo – Studio legale ACT Bologna

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