Scuola pubblica o scuola privata? Forti contrasti giurisprudenziali
Nostro figlio frequenterà la scuola pubblica o quella privata? “meglio la pubblica, è più formativa!” “No! alla privata vanno tutti i suoi amici, e poi il programma è più ampio! sai, fanno tre lingue!”
Quante volte gli avvocati matrimonialisti sono chiamati a dirimere una controversia inerente la scelta scolastica dei figli all’interno della coppia separata!
La normativa sull’affidamento condiviso, come noto, prevede infatti che tutte le decisioni inerenti la salute e l’educazione della prole debbano essere prese di comune accordo tra i genitori.
Da tale assunto, contenuto negli articoli del codice civile novellati dalla legge 54/2006, conseguono gli estenuanti incontri tra le parti, presso gli studi legali, ove i genitori discutono animatamente in merito alla scuola “giusta” a cui iscrivere i propri pargoli, ognuno debitamente armato del proprio depliant informativo, contenente le “meraviglie” dell’Istituto al quale vorrebbero affidare la formazione del figlio.
Non sempre, però, la mediazione dei pazienti difensori riesce, e tra le parti ciascuna resta arroccata sulle proprie posizioni.
In tale caso non resta dunque che rivolgersi al giudice, il quale darà alla questione una soluzione tecnica che tenga conto dei principi giurisprudenziali sottesi alla scelta scolastica, valutando anche i desideri e le aspirazioni della prole.
Purtroppo, come vedremo, non sempre la soluzione giuridica è, giustappunto, una soluzione.
La stessa giurisprudenza, infatti, presenta notevoli differenze applicative dei medesimi principi sottesi alla materia in esame, che rendono un giudizio in merito alquanto imprevedibile.
Per l’analisi del tema partiamo dal caso esaminato dal Tribunale di Milano nel febbraio del 2015 (Trib. Milano, decr. 4.feb. 2015, pres. Est. Servetti), quando detta Autorità giudicante è stata chiamata in causa per risolvere un contrasto tra genitori proprio in merito alla decisione inerente l’istruzione dei propri figli.
Tra le parti, infatti, era sorto contrasto nella scelta della scuola per figlia minore preadolescente; il padre riteneva più formativo il percorso scolastico offerto dalla scuola pubblica, mentre la madre insisteva affinchè la figlia, che già aveva frequentato la scuola privata nel corso delle elementari, proseguisse gli studi presso lo stesso istituto fino al raggiungimento della licenza media.
Nella sua decisione il Tribunale di Milano, richiamando una sentenza della Corte di Cassazione, (per la precisione Cass. Civ. I sezione, 20 giugno 2012 n. 10174), accogliendo la domanda paterna statuiva che l’iscrizione scolastica dei figli e, a maggior ragione, l’iscrizione del minore presso istituti scolastici privati, richiede il consenso di entrambi i genitori, trattandosi di scelta su questioni importanti per la vita dei minori. In caso di contrasto in tale scelta, continua il tribunale meneghino, si ritiene che “preferenza e prevalenza vada data alla istruzione scolastica pubblica, poiché espressione primaria e diretta del sistema nazionale di istruzione”.
Fin qui, dunque, tutto bene. Il Tribunale di Milano afferma, nella sua pronuncia, due principi fondamentali: 1) le scelte scolastiche devono essere condivise tra i genitori 2) in caso di contrasto la scuola pubblica è da preferirsi.
Dove è dunque il problema? Lo riscontriamo leggendo la massima della sentenza della Corte di Cassazione, VI sezione civile, n. 4060, 15 febbraio 2017 (recentemente pubblicata sul Sole 24 Ore, 16 febbraio, sez. Norme e tributi).
In tale massima si legge che, anche in regime di affidamento condiviso, la madre può scegliere di iscrivere la prole ad una scuola privata autonomamente; il padre è dunque solo tenuto a pagarne la spesa straordinaria, anche se non concorda con la scelta.
I principi espressi dal tribunale di Milano sono dunque stravolti. Un genitore, secondo l’ultimo inciso della Corte di legittimità, può pertanto compiere autonomamente, senza il consenso dell’altro genitore, scelte in materia di istruzione della prole, anche vigente il regime di affido condiviso della prole.
All’altro genitore non resta che adeguarsi e pagare la retta, evidentemente non essendo più la scuola pubblica, per la Corte di Cassazione, diretta espressione del sistema nazionale di istruzione come affermato dal tribunale di Milano.
Quale insegnamento trarre dunque da tali osservazioni?
E’ certamente opportuno e consigliato cercare di risolvere le questioni inerenti la prole con il dialogo, facendosi aiutare dal proprio difensore, ed incentrare tutta la discussione tenendo conto solo ed esclusivamente dell’interesse e (perché no) dei desideri dei propri figli.
Affidarsi ad un terzo infatti, per quanto esso sia autorevole e preparato, potrebbe non rivelarsi, a posteriori, una idea “illuminata”….
di Stefano Cera, avvocato matrimonialista, consigliere nazionale APS