La prostituzione non sempre giustifica l’addebito della separazione
Cassazione civile, sez. I, sentenza 19.09.2006 n° 20256
In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
Lo ha ribadito la Cassazione , con la sentenza n. 20256 del 19 settembre 2006, precisando che l’infedeltà può essere causa (anche esclusiva) dell’addebito della separazione solo quando risulti accertato che ad essa sia, in fatto, riconducibile la crisi dell’unione, mentre il relativo comportamento ”infedele”, se successivo al verificarsi di una situazione di intollerabilità della convivenza, non è, di per sé solo, rilevante e non può, conseguentemente, giustificare una pronuncia di addebito.
Nel caso di specie dopo la separazione la moglie si era abbandonata al meretricio, tuttavia i giudici avevano accertato che l’unione dei coniugi era entrata in crisi già anteriormente al comportamento censurato che ne rappresentava anzi una conseguenza.
In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.
Lo ha ribadito la Cassazione , con la sentenza n. 20256 del 19 settembre 2006, precisando che l’infedeltà può essere causa (anche esclusiva) dell’addebito della separazione solo quando risulti accertato che ad essa sia, in fatto, riconducibile la crisi dell’unione, mentre il relativo comportamento ”infedele”, se successivo al verificarsi di una situazione di intollerabilità della convivenza, non è, di per sé solo, rilevante e non può, conseguentemente, giustificare una pronuncia di addebito.
Nel caso di specie dopo la separazione la moglie si era abbandonata al meretricio, tuttavia i giudici avevano accertato che l’unione dei coniugi era entrata in crisi già anteriormente al comportamento censurato che ne rappresentava anzi una conseguenza.