Scuola pubblica o privata? Se i genitori litigano, il Tribunale sceglie per loro quella statale
Alla ricerca di un criterio oggettivo, in caso di conflitto insanabile tra i genitori circa l’indirizzo scolastico della figlia minore (scuola media inferiore pubblica italiana/scuola media inferiore privata internazionale),la nona sezione civile del Tribunale di Milano, con decreto del 4 febbraio 2015, ha individuato nell’istruzione pubblica la scelta più idonea a consentire lo sviluppo culturale di qualsiasi soggetto minore residente sul territorio italiano.
Il caso de quo muove da un conflitto apparentemente insanabile generato dal disaccordo tra due genitori di una minore, divorziati, su uno dei punti più importanti e delicati per la sua formazione, ossia la scelta del suo percorso educativo e scolastico (nel caso di specie scuola pubblica italiana o scuola privata internazionale), per di più con riferimento alla scuola media inferiore, tappa fondamentale per la crescita di ogni adolescente. Tutte le implicazioni del caso hanno, in particolare, creato una sorta di impasse anche a causa della mancanza di indicazioni specifiche che suggerissero un precipuo interesse della minore a frequentare un determinato tipo di istituto privato (ad esempio perché più adatto, in ipotesi, ai suoi interessi già evidenti, al suo carattere, alla sua origine culturale, a sue eventuali fragilità caratteriali).
Il giudice, in un simile contesto, si è trovato a dover “sostituire” i genitori nella decisione e ha riconosciuto una sorta di “favore oggettivo” nei confronti della istituzione scolastica pubblica, visto che la stessa sarebbe riconosciuta, secondo i “canoni dell’ordinamento”, come luogo idoneo allo sviluppo culturale di qualsiasi soggetto minore residente sul territorio italiano. Tale “prevalenza” avrebbe, nelle parole del giudice estensore, una fonte normativa nella disciplina del sistema nazionale d’istruzione ai sensi dell’articolo 1 della Legge 10 marzo 2000 n. 62 nonché nei principi costituzionali che sanciscono il diritto all’istruzione ex art. 33 comma II della Costituzione. Al contempo, il sistema scolastico paritario o privato dovrebbe essere prediletto dal giudice, in caso di conflitto tra i genitori, solamente nel caso in cui siano evidenziabili “elementi precisi e di dettaglio” che possano testimoniare un interesse concreto ed effettivo del minore a frequentare una scuola diversa da quella pubblica. Infine, la scelta della scuola pubblica sarebbe una scelta “neutra”, ossia non darebbe la responsabilità al giudicante di orientare in una determinata direzione la futura educazione del minore in una situazione di assenza di decisione da parte dei genitori in tal senso.
La decisione che ha impegnato i giudici milanesi è di particolare complessità. In un quadro dove il giudice non riceve dai genitori alcuna indicazione e, anzi, il panorama che si presenta sembra essere di conflitto insanabile, la scelta conseguente richiede la valutazione accurata e “pesata” di diversi parametri che il giudicante dovrebbe tenere in considerazione e che è opportuno qui esporre per poi comprendere il percorso della decisione. Ci si riferisce, in particolare, all’interesse superiore del minore in primis, alle questioni economiche (e di costi), ad alcuni aspetti prettamente tecnici (ad esempio la “distanza” del domicilio del figlio rispetto alla scuola scelta), ad altri aspetti connessi alle radici etiche e culturali del minore, ad altri ancora legati a sue eventuali fragilità o, al contrario, a un suo particolare talento e predisposizione che lo possa indirizzare verso determinati tipi di scuola. E, infine, a quale possa essere una scelta “neutra” e, per così dire, istituzionale, che non condizioni troppo il futuro del minore e non obblighi il giudice a una valutazione circa l’offerta formativa pubblica o privata. Il primo aspetto che il tribunale evidenzia, nella decisione in commento, è l’importanza della scelta per il futuro scolastico dei figli, che deve essere presa congiuntamente dai genitori anche se, come in questo caso, il vincolo familiare è venuto meno dopo la pronuncia di divorzio. L’istruzione viene vista, giustamente, come uno di quegli ambiti dove, se possibile, l’accordo dei genitori deve essere raggiunto per il bene del minore, al di là di contestazioni pretestuose e conflittuali spesso originate dal rancore e dall’incapacità di disgiungere il conflitto coniugale dal rapporto genitoriale, con inevitabile pregiudizio dei più pregnanti interessi dei minori. Ciò comporta, nota il giudice, la necessità di un “consenso”, che può ben orientarsi verso una scuola internazionale o privata di altro genere sempre che vi sia una conformità di vedute tra i due genitori su tutti gli aspetti (non solo economici) che tale scelta comporti. In difetto di tale consenso, è inevitabile il ricorso al tribunale che si deve sostituire ai genitori in tale, delicata, scelta e deve quindi cercare di individuare dei parametri il più possibile oggettivi per perfezionare una preferenza che sia allo stesso tempo sostenibile (economicamente e logisticamente) da parte dei genitori e, soprattutto, sia benefica per il percorso formativo del minore. La scelta, infine, rileva il giudice, deve anche essere votata al futuro del minore; ossia l’opzione di una scuola pubblica, nel caso de quo, serve anche a non impedire alla minore, in futuro, la possibilità di seguire un percorso di scuola superiore o università più tradizionale senza difficoltà di accesso ai corsi. La scelta di continuare nella scuola internazionale (con diversi programmi e durate annuali e la necessità di esami di “equiparazione” al sistema pubblico) si sarebbe potuta infatti rivelare di qualche ostacolo negli anni futuri. La decisione del tribunale di Milano presenta numerosi pregi e alcuni punti che, invece, debbono sollevare una maggiore riflessione. I pregi sono connessi alla evidenziazione della delicatezza della questione. Per un magistrato, il sostituirsi a due genitori in conflitto nella scelta del percorso educativo e scolastico di un minore apre tutta una serie di questioni che sono a dir poco spinose. In presenza di una forte difformità di vedute e di orientamenti, l’esercizio della responsabilità genitoriale, proprio con riguardo alle questioni di maggior rilievo, finisce per concentrarsi sulla figura istituzionale del giudice con conseguente sostanziale svuotamento dello stesso esercizio da parte degli effettivi titolari. Ad esempio, come abbiamo visto, il lato economico e la sostenibilità di una scelta in futuro in un quadro di conflitto familiare odierno che vede le questioni economiche sempre più al centro di discussioni e di azioni. Prima del lato economico vi è però l’interesse del figlio e della sua formazione, ed è per questo motivo che mi sento di dire che più che una scelta di default, o per parametri oggettivi, sarebbe sempre opportuno valutare una scelta correlata allo sviluppo e allo stato delle persone di minore età. È comprensibile, certo, la ricerca da parte del tribunale di una sorta di parametro oggettivo, di principio applicabile a più situazioni, ma tale principio dovrebbe sempre sottostare a un’analisi accurata dell’effettivo benessere del minore, del suo percorso scolastico sino a quel momento perfezionato e del futuro che gli/le si prospetta. Ciò significa che, nella fattispecie, la scelta della scuola pubblica si presenta sicuramente come un approccio più neutro per risolvere una situazione di significativo blocco delle funzioni decisionali dei genitori su un aspetto sì importante, ma che, al contempo, nel caso in cui una più approfondita analisi sul vissuto, sulle istanze e sulle esigenze della minore, anche attraverso il suo ascolto ormai normativamente, di fatto, riconosciuto quale obbligatorio, avesse portato a evidenziare una maggiore utilità, per il suo sviluppo, della scuola privata, il tribunale avrebbe dovuto valutare attentamente ed egualmente simile opzione.
Tribunale Milano, sez. IX, decreto 4 febbraio 2015
Fonte:Guida al Diritto- Il sole 24 ore